Negli ultimi anni esperienze di vario tipo hanno cercato di ribaltare il punto di vista sulle aree marginali e le montagne minori. La dorsale Appenninica si estende su gran parte della superficie dello Stivale, in un territorio caratterizzato da un crescente spopolamento e, di conseguenza, da una sempre più drammatica scarsità di servizi. Nonostante la narrazione dominante valorizzi solo l’aspetto turistico di queste aree, esse svolgono un ruolo strategico notevole nella dualità città-montagna da un punto di vista sociale, economico e dei servizi ecosistemici.
Foglia tonda parla di tutto questo: il suo intento è riportare l’attenzione sul presidio che le valli e le montagne del Mugello necessitano per valorizzare e riscoprire le loro potenzialità. Foglia Tonda parte da Razzuolo, sull’Appennino Tosco Romagnolo, in un territorio in cui un vero e proprio processo di marginalizzazione ha portato ad un calo delle attività e dell’occupazione, alla rarefazione sociale e all’invecchiamento della comunità, all’abbandono della terra e al conseguente venir meno della tutela del suolo.
La “questione appenninica” coinvolge tutta la penisola, ma la peculiarità delle singole zone, ognuna con i suoi problemi e priorità, può ostacolare la creazione di un discorso condiviso. Pensiamo che l’Arte in tutte le sue forme, possa raccontare queste diversità e convogliarle in una coralità di intenti. Arte che risveglia i luoghi: arte come riflessione sulle dinamiche di ripopolamento della montagna; arte come resistenza e rivendicazione delle comunità marginali che, unite nel più grande contesto dell’Appennino, tornino a far parlare le montagne minori.
Il Festival Foglia Tonda, iniziato nel 2018 con una singola giornata di eventi, ha visto nelle edizioni successive la nascita di una comunità provvisoria che ha condiviso gli spazi con gli abitanti di Razzuolo e delle realtà limitrofe. Durante i giorni del festival il paese ha rivisto un laboratorio di falegnameria, un mercatino di prodotti caseari e ortofrutticoli, un’esposizione di opere di artisti locali. Anno dopo anno il programma del festival è pensato in modo da intrecciare le due comunità, la provvisoria e la permanente: i laboratori di pratica filosofica nel castagneto, la proiezione dei documentari sulle mura dell’unica piazzetta del paese, le passeggiate sulle vecchie vie di comunicazione, gli incontri alla Casa del Popolo e la possibilità di pernottare in tenda. Tutto questo non sarebbe possibile senza la disponibilità degli abitanti del paese a condividere con noi i loro luoghi.
Perché un’altra edizione? Il giorno dopo la fine del secondo festival, nell’attesa che arrivasse il furgoncino del pane, uno degli abitanti del paese ha chiesto: “Ma come, è già tutto finito?”. Ce lo siamo chiesti anche noi riflettendo su quale fosse l’effetto di un festival di due giorni sulla vita quotidiana del paese, ed in quella domanda abbiamo trovato la risposta. Nella nostalgia, nella rinnovata consapevolezza di un vuoto che chiede di essere riempito, nel desiderio di sentirsi comunità viva.